Incerta e oscillante zona mediana Doppio Linguaggio

All’inizio era rimasto turbato. Le tracce lasciate sul materiale ruvido differivano dalle cose che aveva immaginato appena un’ora prima. Segni e numeri lo avevano sempre appassionato, ma adesso, a decifrarli così, osservandoli da quella distanza, i segni avevano un che di minaccioso. Tirò fuori dallo zaino la bottiglietta d’acqua che portava sempre con se, aveva l’abitudine di bere lentamente, e mentre beveva osservava. Quel mattino si era svegliato di malumore, aveva dato la colpa al tempo, il cielo era grigio e pesante, forse nel corso della giornata avrebbe piovuto. Aveva dovuto attendere più di 10 minuti prima che arrivasse il tram, aveva viaggiato male, pigiato su altri corpi infastiditi come lui. Lei lo aveva chiamato poco prima che entrasse nell’edificio “Fai attenzione alla sequenza numerica”

Ora mentre finiva di bere ripensava alle sue parole – la sequenza numerica –, in realtà era più attratto dalle lettere e dalle ali dispiegate dell’insetto, osservandole parzialmente, dimenticando il tutto e concentrandosi solo sui particolari, ingrandendo la foto, come aveva fatto il giorno prima a casa, sembrava di avere di fronte la sequenza impazzita di un DNA o, come aveva osservato lei prima di apprendere di cosa si trattasse: l’istantanea ingrandita di un gruppo di spermatozoi. Aveva sorriso il giorno prima, a quell’osservazione, ora la trovava meno incongrua. Eppure continuava a prevalere il disagio. Si sedette per terra, ad una distanza di circa tre metri, emettendo suoni appena percepibili sillabò una per una le lettere, dalla A fino alla Z, e poi i numeri e poi ancora le lettere. Quand’ebbe finito si sentì preso da un’enorme stanchezza
“Non pensavo che fosse così faticoso”
Osservò tra se. Voleva alzarsi, ma non ci riusciva, cercò di concentrarsi nuovamente su numeri e lettere, ma le immagini cominciavano a sfuocarsi, la testa gli girava leggermente, quasi senza accorgersene si sdraiò completamente sul pavimento, ora tutta la stanza era invasa da quel colore rosso sfumato e le lettere componevano gli spazi inseguendo i numeri; il soffitto girava, giravano le pareti, disperatamente cercò qualcosa a cui appigliarsi, ma sapeva già che quell’incerta e oscillante zona mediana che aveva invano cercato di catturare lo avrebbe semplicemente messo lì, fossile tra i fossili, ad aspettare che altri riprendessero l’esplorazione dal punto esatto in cui lui, quel giorno, la terminava.

Luigi Galluzzo